Il Metodo Stanislavskij

Abbiamo già scritto dei metodi e delle tecniche di recitazione e abbiamo fatto una riflessione sul metodo in se. Oggi si parla di quel metodo lì: Il Metodo Stanislavskij.

La premessa è che non ritengo “Il Metodo Stanislavskij” un vero e proprio metodo, quanto invece il primo tentativo di sistematizzare, organizzare in una metodologia, riflettere sulle necessità pedagogiche del teatro. Stanislavskij non avrebbe mai permesso tutta questa rigidità nel parlare del suo lavoro. La sua era una continua ricerca e un continui sistemare, affilare e raffinare concetti e strumenti.

Konstantin Stanislavskij (sì, delle volte è scritto “Stanislavski” e va bene lo stesso) è il genio che per la prima volta si è domandato se non esistesse un metodo per imparare a recitare. Voleva a tutti i costi far “vivere” un ruolo piuttosto che “recitarlo”. Per capire quanto questa sua riflessione fosse importante potete fare una riflessione su quanto diamo oggi per scontato l’importanza di “vivere” il personaggio.

Konstantin era molto costante, di nome e di fatto. Scriveva kilometri di appunti dettagliati mentre lavorava con gli attori e nel mentre, macinando tutti questi pensieri, sviluppava il suo sistema. Tutti i libri pubblicati ad oggi, non sono altro che i suoi appunti ben editati.

Cominciò a lavorarci nel 1888 e continuò fino al 1938, anno della morte. Questo comporta anche che ci furono molti cambiamenti di idea (gli studenti che studiavano sotto la sua guida nel 1890 eseguivano esercizi diversi da quelli degli studenti degli anni Venti) e molte influenze da parte dei suoi allievi e dagli allievi dei suoi allievi. Sì, perché molti dei suoi studenti presero le sue idee e svilupparono le proprie interpretazioni degli insegnamenti del maestro. Eviterei di farvi la biografia di Costanzo. La trovate ovunque e in mille salse diverse.
Da sottolineare forse è solo l’approccio che ebbe con la recitazione. Stanislavskij infatti capì che fare teatro significava mettere in pratica abilità tecniche come la proiezione vocale e l’orientamento verso il pubblico. Capì anche che disprezzava le voci innaturali e i movimenti artificiali degli attori, che allora avevano uno stile più che altro che tendeva a “presentare” la storia e il personaggio, con gesti ambi e meccanici. Lui voleva una recitazione più credibile, più naturale. Infatti la critica più frequente che rivolgeva ai suoi studenti di recitazione era “Non ti credo”. Probabilmente si rendeva conto che il teatro stava cambiando, e drammaturghi come Anton Cechov e Maxim Gorky scrivevano storie di persone comuni, non di dei e re. Queste nuove storie richiedevano un nuovo tipo di recitazione, che mostrasse la vita interiore di un personaggio piuttosto che la sua grandezza.

Quindi che metodo di recitazione ideò Stanislavskij?

In pratica il metodo di recitazione di Stanislavskij è una serie di tecniche di allenamento progettate per aiutare gli attori a creare personaggi credibili e a sviluppare performance naturali. Un processo artistico che permetteva agli attori di pensare in modo diverso il comportamento umano. Sono convinto che se Konstantin avesse ideato il suo metodo al tempo delle grandi scoperte psico-neurologiche della seconda metà del ‘900 avrebbe arricchito notevolmente il suo sistema e si sarebbe divertito non poco. Ma qui sta il suo genio: ideare un metodo così strutturato, in un periodo della storia in cui la pedagogia teatrale de facto non esisteva.
Poiché, come dicevo prima, cambiava spesso idea, esaminiamo le sue teorie in due fasi: il primo Stanislavskij e il secondo Stanislavskij:

Il primo e il secondo Stanislavskij

Nel suo primo periodo, Stanislavskij si preoccupava soprattutto di creare personaggi sul palcoscenico che fossero “vivi”. Era molto concentrato sulla psicologia e le sue tecniche risentivano di questo approccio. Si faceva un sacco di analisi a tavolino dei copioni, analizzandoli nel dettaglio con copiose riflessioni filosofiche e psicologiche. Inoltre spingeva attori e attrici a provare in prima persona le azioni che stavano cercando di rappresentare. Perciò se il tuo personaggio è un macellaio, sarà meglio che impari a sfilettare un quarto in manzo!


Negli ultimi anni della sua vita, a Stanislavskij mancava una certa armonia tra la preparazione interna dell’attore e quella esterna. La preparazione attoriale doveva essere maggiormente integrata. La migliore recitazione avrebbe dovuto collegare il mondo interiore dell’attore con azioni specifiche ed eseguibili sul palcoscenico1. Il suo lavoro sempre attento al comportamento umano, che si basava su una scrupolosa osservazione delle persone al di fuori del teatro, ha portato molti a paragonarlo a Freud. Questo perchè entrambi hanno puntato il dito su un mondo interno molto più complesso di quanto non si pensasse. Facendo ciò hanno acceso l’immaginazione pubblica sulla vita umana (e hanno anche acceso controversie e dibattiti!).

Non spiegherò il Metodo in questo articolo che è già diventato più lungo di quanto non volessi e invito a leggere direttamente l’autore così come chi ha voluto parlare di lui e del suo lavoro. Si aggiunga anche che sarebbe bene parlare di metodi, al plurale, per dar giustizia alla capacità di Stanislavskij di rimettersi in gioco nella seconda parte della sua vita e mettere in dubbio tutto ciò che ha detto e fatto prima. Per una interessante e corposa trattazione rimando a un ottimo testo di Carlos Maria Alsina. Mi limiterò a enunciare alcuni principi e tecniche fondamentali che sono emersi nel corso della sua vita e che ancora oggi fanno discutere:

  • Il “Se” magico: probabilmente il concetto più noto di Stanislavskij, il quale non credeva che fosse vantaggioso (o possibile) per un attore credere veramente che gli eventi messi in scena fossero la realtà (in tal caso si direbbe psicosi). Puntava invece a suggerire di mettersi nei panni dei personaggi e a pensare a cosa avrebbero fatto se si fossero trovati nella loro situazione. Il Se magico permette di rendere le motivazioni del personaggio uguali a quelle dell’attore.
  • Circostanze date: sono tutte le caratteristiche specifiche del personaggio, tutti i fatti che si possono ricavare dal copione, tutto ciò che è dato e non dubbio. Non inganniamoci però, anche se le circostanze date includono tutto, dal background del personaggio al tempo e al luogo della storia e alla struttura del mondo messo in scena, non sono sempre così ricche o facili da reperire! Le circostanze date sono essenziali perché determinano quali azioni è possibile compiere per un personaggio. Danno un limite, una serie di regole culturali, psicologiche, politiche o anche meramente storiche a quello che il personaggio può fare, dire, pensare.
  • Super-obiettivo: è la motivazione principale del personaggio nell’opera. È la spina dorsale del personaggio, la cosa che desidera più di ogni altra al mondo. Tutti gli obiettivi e le azioni dell’attore sul palcoscenico devono essere collegati a questo super-obiettivo.
  • Obiettivo: ovvero la risposta alla domanda “cosa vuole il personaggio?”. Il buon attore e la buona attrice risponde al quesito con un’azione giocabile in scena. Stanislavskij diceva “ogni obiettivo deve avere in sé il germe di un’azione”.
  • Azione fisica: specifiche, concrete ed eseguibili. Le azioni migliori sono realizzabili sul palcoscenico, all’interno del mondo dello spettacolo.
  • Comunione: questo è in riferimento alle esperienze teatrali di Stanislavskij, che vedeva la necessitò che le azoni, per essere credibili, dovessero essere dirette agli altri attori in scena, non al pubblico. Quando gli attori comunicano tra loro attraverso le loro azioni, lo spettacolo cattura una maggiore verità umana rispetto alla rappresentazione delle azioni al pubblico.
  • Memoria emotiva: un concetto così tanto frainteso e abusato che dovremmo stare a parlare solo di questo per pagine e pagine. In sostanza Stanislavskij incoraggiava gli attori a sviluppare la capacità di osservare le reazioni emotive nella loro vita quotidiana. Semplice. Diretto. I ricordi emotivi sviluppati fuori dal palcoscenico forniscono all’attore sensazioni forti a cui attingere quando il suo personaggio prova un’emozione simile sul palcoscenico. Questo voleva dire. Se questo ha poi portato alcuni centri a stuprare le emozioni degli attori in scena, questo è solo un pessimo uso di una intuizione con un incredibile potenziale. La storia della recitazione lo ha dimostrato.
  • Sottotesto: infine il concetto che indica il significato che si cela dietro le parole sulla pagina. Per determinare il sottotesto, gli attori devono avere una ricca immaginazione per capire perché il loro personaggio dice o fa qualcosa nello spettacolo. Il sottotesto guida la rappresentazione di un’opera teatrale. Lo dico spesso ai miei allievi e leggendo il Maestro russo scopro con piacere che lo diceva pure lui: “gli spettatori vengono a teatro per ascoltare il sottotesto. Possono leggere il testo a casa”.

Stanislavskij e i suoi studenti scoprirono che, concentrandosi su queste idee durante la rappresentazione di un’opera teatrale, avrebbero ritratto i loro personaggi in modo più realistico. Invece di assecondare il pubblico, i loro personaggi si preoccupavano maggiormente di comunicare tra loro sul palco. Gli attori erano così concentrati sulla vita interiore del personaggio che non avevano il tempo di essere eccessivamente “teatrali” e creare quell’effetto che Stanislavskij tanto disprezzava.

Dove studiarlo?

Ci sono molti centri di formazione sparsi per il mondo e non me la sento di indicare un’accademia riconosciuta a discapito dei corsi che potreste trovare in un piccolo spazio teatrale ina via della periferia di Milano. Questa valutazione sta a ogni singolo allievo-attore e allieva-attrice. Un buon punto di partenza è recitare e successivamente leggere i libri di Stanislavskij, per poi trovarsi a discuterne con un maestro in una fertile conversazione sulla storia della pedagogia e della tecnica teatrale. Iniziate da Il lavoro dell’attore su se stesso e poi vedete cosa succede. In questo libro troverete che Stanislavskij divide la formazione in due anni: Il primo anno si concentra sull'”esperienza”, il secondo sull'”incarnazione”.

Vantaggi e svantaggi

Sicuramente uno dei vantaggi delle tecniche del maestro è che danno agli attori un modo per analizzare e parlare del loro processo. Ciò che ho sempre ammirato di questo approccio è che gli attori non sono destinati a brancolare nel buio, aspettando di essere “ispirati”. Le tecniche ideate da Stanislavskij vogliono aiutare l’attore a fornire una performance convincente, anche in una giornata storta e anche se lo spettacolo narra di esperienze molto lontane da quelle personali degli interpreti.

Gli aspetti negativi, mi duole dirlo, vengono per lo più da un loro cattivo uso. Il concetto di memoria emotiva è probabilmente il più controverso e mal utilizzato. La memoria emotiva implica che l’attore attivi il ricordo di un’esperienza vissuta per aiutarlo a collegarsi al suo personaggio, ma il maestro russo non ha creato vincoli, limiti, meccanismi di difesa e sembra dia per scontato che l’attore debba consumarsi per la parte. Sono sicuro che questo lui non lo intendesse. Era troppo intelligente per richiedere un sacrificio di questo tipo2.

Stanislavskij credeva fermamente nella comunità degli attori che recitano insieme. Sosteneva che gli attori che condividono il palcoscenico devono creare uno spettacolo insieme, in comunione l’uno con l’altro. Chi invece ha calcato la mano sulla memoria emotiva, portando a danneggiare attori e attrici sul piano psicologico, è semplicemente un individualista. Stanislavskij pensava che un attore dovesse essere in grado di fare la sua parte sul palcoscenico senza dipendere da qualcun altro. Un regalo che solitamente i genitori sperano di dare ai propri figli.

Conclusioni

Studiare le tecniche di Stanislavskij possono migliorare la recitazione, ma solo se prese con la giusta intelligenza e spirito critico. Applicarle alla lettera dopo più di un secolo da quando sono state formulate è un tantino azzardato.
Studiare Stanislavskij porta a cambiare il proprio sguardo, a farsi domande e a strutturare il proprio pensiero in un’architettura pedagogica più salda e una metodologia più chiara. Questo permette un approccio al palcoscenico, al copione e al personaggio meno alla “speriamo in dio” e più come un professionista che si si approccia alla sua materia.

L’importante è ricordare che il compito degli attori è di creare una verità scenica e non di portare la verità sul palco. Della verità si occupano filosofi e politici. Entrambi hanno una pessima fama.

Samuel Maverick Zucchiati
Formatore e regista
Scuola di Teatro e Scuola di Scrittura Officine Teatrali

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1. Se volete vedere la differenza tra il primo e il secondo Stanislavskij, potete far riferimento alle tecniche di recitazione di Lee Strasberg, il cui lavoro si basa sul primo Stanislavskij, e di Stella Adler che studiò a tu per tu con Stanislavskij più tardi.

2. Nel tentativo di aumentare la memoria emotiva, alcuni attori fondono la loro vita personale con quella dei loro personaggi in modi psicologicamente malsani. Lee Strasberg, allievo di Stanislavskij, viene spesso incolpato di aver introdotto questo livello di intensità nel Sistema, a causa della sua insistenza affinché l’attore “creda” pienamente alle circostanze in cui si trova, un approccio noto come “metodo di recitazione”.

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